PIETRASANTA «LA PIÙ BELLA TERRA DEL GRAN DUCATO».
Il capoluogo e il territorio del Vicariato Regio.
«Pietrasanta la più bella Terra del Granducato».
Con un giudizio così lusinghiero Attilio Zuccagni Orlandini, Segretario delle corrispondenze dell’Imperiale e Reale Accademia Economico-agraria dei Gergofili, definì il capoluogo versiliese nell’«Atlante geografico, fisico e storico del Gran Ducato di Toscana» stampato nel 1832. Ne elogiò i fabbricati «di decente e bell’aspetto», le strade rettilinee e piane, il Duomo, il tempio di Sant’Agostino, le altre chiese e i conventi.
Questa «terra» dal 1772 era capoluogo dell’omonimo Vicariato Regio che negli anni della Restaurazione apparteneva alla quarta classe, cioè alla penultima delle categorie in cui si suddividevano quelle giurisdizioni. Il Vicariato veniva incluso nel gruppo dei «territori staccati», perché, come altri luoghi granducali, si trovava isolato dal resto dello Stato, dal quale lo separava il Ducato di Lucca.
Il confine con il territorio lucchese, partendo dal mare poco a sud della foce di Motrone, attraversava, pressoché in linea retta, la pianura fino ai piedi della collina di Rotaio, si portava nella valletta di Cannoreto e, scavalcando l’altura di Monte Preti, giungeva nella Val di Castello alla base settentrionale di Monteggiori. Di qui saliva al villaggio di La Culla, che aveva alcuni consolari in terra di Lucca, proseguiva lungo le pendici sud-orientali dei Monti Gabberi e Matanna e discendeva nel versante garfagnino delle Apuane sotto Palagnana, località allora nota col nome di Alpe di Stazzema, alla confluenza del canale di San Giovanni con quello della Turrite Cava o Campolemisi, nel punto oggi chiamato Basso Matanna.
Ad est, nord e nord-ovest stavano i domini estensi della Garfagnana e di Massa e la Comunità di Montignoso appartenente al Ducato di Lucca.
Dal luogo che abbiamo detto il confine andava dalla valle del torrente Turrite di Gallicano, dove, includendo i casali di Petrosciana, giungeva fino nei pressi del borgo di Fornovolasco. Di lì si portava sul Monte Pania, poi, lungo il Canale delle Verghe, scendeva al torrente Turrite Secca, e lo risaliva fino allo Schienale dell’Asino, lo spartiacque che, ad occidente del villaggio di Arni, va dal Monte Macina al Canale delle Gobbie. Quivi la linea di demarcazione volgeva di nuovo verso il mare, raggiungendo sul Monte Carchio il territorio di Montignoso. Il confine con quella comunità proseguiva attraverso il Monte Folgorito e il Lago di Porta Beltrame fino alla foce del Cinquale.
Sulla costa esistevano due forti presidiati da militari con artiglieria: uno al Cinquale e l’altro presso il magazzino dei marmi. All’estremità meridionale, dove l’antico forte di Motrone era stato distrutto il 13 dicembre 1813 da truppe sbarcate da navi inglesi a Viareggio, funzionava, installato in una casa comune, un posto di guardia-coste che controllava anche la strada carrozzabile per Viareggio e Pisa.
Il Vicariato comprendeva tre comunità: Pietrasanta, Seravezza e Stazzema. Nel 1831, […] esse contavano rispettivamente 7601, 5871 e 5471 abitanti: in tutto 18943.
Danilo Orlandi, La Versilia nel Risorgimento, pp.111,112 - Edizioni “Versilia Oggi”, Roma 1976
ASSETTO URBANO
Le mura castellane, strade e piazze.
Nel 1831 il centro urbano di Pietrasanta contava 2496 abitanti.
Posto ai piedi di una collina, sopra la quale si erigeva una rocca chiamata Rocca di Sala, era circondato di mura castellane, le quali, scendendo dalla rocca predetta, la racchiudevano in un perimetro che nella zona più bassa assumeva forma rettangolare. A nord e ad ovest le mura erano munite di tre piccoli bastioni a pianta circolare. A sud-est ne esistevano due a pianta pentagonale. Vi erano tre porte. Una a sud-ovest, circa al centro del lato maggiore, guardava verso il mare e si chiamava Porta Pisana o Porta a Pisa. Le altre due sui lati minori, erano Porta Massese o Porta a Massa a nord-ovest e Porta Lucchese o Porta a Lucca a sud-est. Queste due disponevano di modesti casotti, ma il posto di guardia di Porta Massese si trovava in un locale situato in una casa lì presso. Porta Pisana, invece, era munita di un fortilizio di dimensioni ragguardevoli: la Rocchetta, un elemento di architettura militare di rilievo nel tessuto urbanistico della «terra».
La Rocchetta, venduta dalla comunità allo Stato nel 1817, ospitava i militari della Piazza. Per diversi anni aveva accolto anche la polveriera del Vicariato, che vi era stata trasferita dal forte del Salto della Cervia ovvero Lago di Porta Beltrame, quando la guardia di quel posto di frontiera era stata soppressa. [...] il Magistrato nel 1819, giudicando che un deposito di quel genere costituiva un pericolo, aveva domandato al Governo che si costruisse una polveriera vicino al forte del magazzino dei marmi.
Soltanto nel 1827 ottenne l’assenso al progetto, ma il finanziamento fu messo a carico delle tre comunità. L’asta dei lavori ebbe luogo nel maggio del 1829, e l’opera fu ultimata l’anno dopo. [...]
La vasta piazza fra la Rocchetta e la collina era chiamata semplicemente “Pubblica Piazza” ed anche “Piazza Maggiore”, ma le sue parti prendevano nome dalla funzione che avevano o dall’edificio pubblico che vi si affacciava: Piazza del Mercato, Piazza della Cancelleria, Piazzetta del Pretorio.
Il Pretorio, sede del Vicario, col tribunale e le carceri, stava sul fondo dal lato di Massa, dove oggi è la Pretura. Lì vicino, in una stanza terrena di uno degli edifici di Giuseppe Carli, fra Via dei Piastroni e Via della Fontana, c’era il posto di guardia della Polizia. Dal lato di Lucca, in palazzo Moroni, la Cancelleria Comunitativa ospitava gli organi amministrativi della Comunità e la Cancelleria del Circondario.
Davanti alla Cancelleria stava una fontana pubblica, quasi monumentale, che da tre lati mesceva acqua per la popolazione e dal quarto, volto verso nord-est, alimentava un abbeveratoio per il bestiame. Dietro la fontana, addossati al muro cosiddetto dei Lamporecchi, si trovavano i pubblici lavatoi che furono sostituiti nel 1834 da altri costruiti presso le mura castellane all’estremità di Via Sant’Agostino. Davanti al campanile di San Martino si ergeva la colonna del Marzocco.
Piazza Maggiore, come fa ancora oggi, divideva l’abitato in due sezioni: una superiore verso Porta Lucchese e l’altra inferiore verso Porta Massese.
[...]
Entrambe le sezioni dell’abitato erano tagliate, circa nella loro metà, da una piccola ruga, allora definita “troncatoia”. Le “troncatoie” portavano, in genere, il nome della strada principale che attraversavano. Nell’uso popolare, però, i loro nomi erano soggetti a variazioni. [...]
Dentro le mura castellane esistevano molti orti, nei quali si coltivavano anche gelsi che crescevano frequenti pure nelle aree lungo le mura.
Nella parte della pubblica piazza chiamata Piazza del Mercato si vendevano ortaggi, e pesce nell’apposita pescheria presso la Rocchetta, mentre al piano terreno degli edifici intorno erano sistemati negozi di vario genere.[...]
Sull’esterno delle mura, da Porta Massese a Porta Pisana, scorreva un tratto della via regia esterna, da Porta Pisana a Porta Lucchese, una via comunale portata a compimento nel 1815. [...]
Dai primi anni del secolo diversi cittadini avevano cominciato a chiedere di essere autorizzati a sfruttare per uso privato tratti di mura castellane in corrispondenza delle loro case, per appoggiarvi piccole costruzioni e per praticarvi finestrelle allo scopo di dare luce nel loro interno. Quasi sempre ne ottenevano le concessioni. Si verificava anche il caso che talune persone piantavano abusivamente, traendone qualche frutto, erbaggi e viti su tratti di mura di Porta Lucchese e di Porta Massese.
[...]
Meno di mezzo miglio fuori di Porta Lucchese esisteva dal 1787 il cimitero urbano.
Danilo Orlandi, La Versilia nel Risorgimento, pp.21,24,25,26 - Edizioni “Versilia Oggi”, Roma 1976